Le “Aquae” salutari nel Lazio antico

Le fonti letterarie e archeologiche documentano l’intenso sfruttamento a scopo salutistico e terapeutico di aquae calidae e frigidae nel Lazio sin da età protostorico-arcaica, tuttavia monumentali impianti termali furono costruiti solo nel periodo romano, quando si specializzarono le pratiche di crenopino-balneo-lutoterapia (a mezzo di bevande, bagni e fanghi), strutturate in un percorso che prevedeva anche culti alle Lymphae o Nymphae in generale e a divinità iatriche come Esculapio, Igia, Apollo medico. Tra le più famose erano le terme in Etruria, ove numerose sono le sorgenti minerali dovute a fenomeni di vulcanesimo secondario, come le Aquae Apollinares, Caeretanae, Tauri, ma anche il Lazio meridionale, con le Aquae Neptuniae e Vescinae, e quello centrale non sfiguravano. In quest’ultimo erano assai rinomate le Aquae Cutiliae a Cittaducale, ove, per averne abusato, morì l’imperatore Vespasiano, e le sulfuree Aquae Albulae a Tivoli, celebrate dai maggiori medici dell’antichità, identificabili con i laghetti delle Colonnelle e delle Isole Natanti, lungo la via Tiburtina, raggiunte dai pastori transumanti già nell’età del Bronzo per disinfestare gli animali dai parassiti. L’uso idroterapico iniziò nel II sec. a.C., ma il primo balneum, sicuramente a carattere pubblico, sorse in età augustea (lo stesso Augusto lo frequentò per curarsi i reumatismi), enormemente ampliato circa un secolo dopo sotto Adriano. Alle piscine direttamente sul lago si affiancavano hospitalia per la vasta clientela. La sorgente Albula venne divinizzata, come rivelano le iscrizioni poste in seguito a guarigioni, tra cui anche quella in versi del destriero Samis, che era stato ferito da un cinghiale. Presso le Albulae fu relegata nel 272 d.C. l’ex regina di Palmira, Zenobia, dalla quale deriva il nome di lago della Regina con cui è attualmente più noto quello delle Isole Natanti. La Possessio Sufuratarum è ancora ricordata all’epoca di Costantino.