Villa d’Este, il vialone. Cartoline e foto d’epoca
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Fontana di Cristoforo Colombo, lato est del vialone di Villa d’Este, nel sito della Fontana d’Europa. La foto di cm. 5,5 x 8,00 è del 1909 circa. © Roberto Borgia, 2017.
Il duca di Modena Ercole III d’Este (1727-1803), la cui famiglia era proprietaria della villa tiburtina, governò il ducato di Modena e Reggio dal 1780 fino al 1796, quando l’invasione delle truppe napoleoniche lo privò dei suoi possedimenti e lo costrinse a riparare prima a Venezia e poi a Treviso, dove morì nel 1803. La Villa d’Este, in mancanza di una discendenza maschile, passò alla figlia Maria Beatrice Ricciarda d’Este (Modena, 1750- Vienna, 1829), che, avendo sposato nel 1771 Ferdinando Carlo Antonio Giuseppe Giovanni Stanislao d’Asburgo (1754-1806), trasferì automaticamente la proprietà alla Casa d’Austria. Ferdinando e Maria Beatrice con il loro matrimonio diedero vita alla linea degli Asburgo-Lorena-Este (detta anche d’Asburgo-Este o d’Austria-Este) che continuerà per diverse generazioni, comprendendo personaggi di rilievo come i futuri duchi di Modena e Reggio e l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, erede al trono di Francesco Giuseppe d’Austria il cui assassinio a Sarajevo, il 28 giugno 1914, sarà la causa dello scoppio della prima guerra mondiale. Già precedentemente c’erano stati diversi tentativi per vendere la villa d’Este, la cui manutenzione rimaneva estremamente onerosa per i duchi di Modena e Reggio, ed ad accrescere le misere condizioni della villa, ormai in abbandono, contribuì il passaggio delle truppe francesi che occuparono diversi ambienti del palazzo, provocando ingenti danni alle decorazioni pittoriche ivi contenute. Nonostante l’arciduchessa facesse intraprendere alcuni lavori di manutenzione ordinaria per rimediare i guasti delle truppe napoleoniche e chiedesse preventivi per ulteriori riparazioni nella villa, la trascuratezza e l’abbandono della villa stessa trapelano chiaramente dalle memorie di viaggio dell’abate Angelo Uggeri, Tournée pittoresque de Tivoli, Roma presso Antonio Fulgoni, 1806, che, incantato e colpito, ad un primo colpo occhio, dalla grandezza dell’edificio, dalle molteplici scale, logge, fontane, ed anche dall’imponente e rigogliosa vegetazione degli allori, dei grandi platani, pini e dagli alti cipressi, si accorge ben presto della triste realtà descrivendo l’immensa villa come disabitata, spogliata e negletta, tale da fare pietà, evidenziando che ormai solo le nottole, i ragni e qualche uccello notturno siano gli abitatori del palazzo. Così anche le fontane risultano ostruite più dall’incuria che dal tartaro provocato dalle acque del fiume Aniene e gli ornamenti che abbellivano la villa sono periti, guasti e corrosi dall’umidità e dal tempo. Ma se pure l’arciduchessa Maria Beatrice d’Austria si era interessata della villa, accadde che, dopo la sua morte, avvenuta nel 1829, la villa d’Este precipitò, per i seguenti quarant’anni circa, in una condizione di completo e totale abbandono. Infatti il figlio Francesco IV d’Austria d’Este, rientrato a Modena il 15 luglio 1814 e ripreso il titolo di duca di Modena e Reggio, e al quale la proprietà era passata in successione, non dimostrerà concrete intenzioni per la manutenzione della villa, recandosi a Tivoli solo sporadicamente. Una svolta nelle sfortunate vicende della villa si ebbe a partire dal 1850 quando il giovane prelato Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst, (Rothenburg ob der Tauber, in Baviera, 26 febbraio 1823 – Roma, 30 ottobre 1896) propose al duca Francesco V di stipulare un contratto di enfiteusi per l’usufrutto a vita del palazzo e del giardino con l’accordo di farsi carico delle spese di manutenzione. Ci interessano qui gli interventi di “cristianizzazione” fatti intraprendere dal cardinale (creato tale nel 1866) sulle fontane e sugli altri apparati decorativi della villa; in particolare presentiamo questa rarissima foto, di soli cm. 5,5 x cm. 8,00, collezione Roberto Borgia, anno circa 1909, che ritrae la scultura in gesso raffigurante Cristoforo Colombo che consegna la croce del Cristianesimo all’America con un sottostante bassorilievo, e il nome di Fontana o meglio Fontanone di Cristoforo Colombo rimase fino agli anni ’60 dell’altro secolo, nonostante il gruppo poi fosse stato già eliminato durante gli interventi di restauro eseguiti tra il 1930 e il 1935 dal direttore della villa Attilio Rossi (la villa era passata allo Stato Italiano dopo la prima guerra mondiale), con il trattato di S. Germain del 10 settembre 1919, entrato in vigore il 16 luglio 1920). Il gruppo era inserito nella Fontana nel lato est del vialone, quello opposto al belvedere su Roma, già sede della fontana intitolata alla figura mitologica di Europa, mentre nel progetto iniziale del giardino doveva essere dedicata a Tetide. Il bassorilievo era la copia di quello che si trova nel lato sinistro del Monumento a Cristoforo Colombo a Piazza Acquaverde a Genova, la cui prima pietra fu posta nel 1846 e che, avendo avuto vita travagliata per il compimento, fu inaugurato solo nel 1862. Il bassorilievo, che appunto sarà fatto riprodurre in gesso dal cardinale d’Hohenlohe, è opera dello scultore Salvatore Revelli (1816-1859) e rappresenta “Cristoforo Colombo che, in catene, sale sulla nave che deve ricondurlo in Europa”. Anche la statua con Cristoforo Colombo che consegna la croce all’America prostrata ai suoi piedi è opera dello stesso scultore e l’originale si trova addirittura a Lima, capitale del Perù. Una scultura “paseandera”, perché spostata più volte dalla sua originaria collocazione e che ora ha la collocazione definitiva nell’Avenida 9 de Diciembre o Paseo Colón, all’angolo dell’avenida Wilson. Da notare che l’indiana accovacciata ai piedi di Colombo, che abbandona la freccia ai suoi piedi per prendere la croce, ha il seno nudo nell’originale dello scultore Revelli. Non è così nella copia che fece eseguire il cardinale Hohenlohe, laddove si viene chiaramente l’intervento censorio con una tunica a coprire il seno stesso. (Roberto Borgia, agosto 2017)
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“Tivoli – Villa d’Este – Cristoforo Colombo” Ediz. Gaetano Ceva Bovio – Tivoli Foto Prof. G. Radiciotti.
© Roberto Borgia, 2017.
“Fu singolare combinazione che un porporato di regia stirpe fosse il fondatore della villa d’Este, ed un altro cardinale, parimenti di reale lignaggio, tre secoli dopo, desse mano a restaurarla e difenderla dalle ingiurie del tempo.”, così nel lontano 1902 Francesco Saverio Seni nella sua opera La Villa d’Este in Tivoli, Roma, Scuola Tipografica “Tata Giovanni”, pag. ricordava Ippolito II d’Este, il fondatore della villa e l’altro cardinale, cioè Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst, (Rothenburg ob der Tauber, in Baviera, 26 febbraio 1823 – Roma, 30 ottobre 1896) come restauratore della villa. La villa d’Este era infatti precipitata, dopo essere passata alla Casa d’Austria-Este in una condizione di completo e totale abbandono, durante la prima metà del XIX° secolo. Infatti Francesco Giuseppe Carlo Ambrogio Stanislao d’Asburgo-Este (1779-1846) rientrato a Modena il 15 luglio 1814, dopo le fiammate rivoluzionarie francesi, e ripreso il titolo di duca di Modena e Reggio, e al quale la proprietà era passata in successione, non dimostrerà concrete intenzioni per la manutenzione della villa, recandosi a Tivoli solo sporadicamente. Una svolta nelle sfortunate vicende della villa si ebbe a partire dal 1850 quando il giovane prelato Gustav Adolf propose al duca Francesco Ferdinando Geminiano V d’Asburgo-Este (1819-1875) di stipulare un contratto di enfiteusi per l’usufrutto a vita del palazzo e del giardino con l’accordo di farsi carico delle spese di manutenzione.
Ci interessano qui gli interventi di “cristianizzazione” fatti intraprendere dal cardinale sulle fontane e sugli altri apparati decorativi della villa; «si propose di risarcire quell’incanto della natura e dell’arte, incanto spontaneo degli ultimi arcadi, dei romantici religiosi e cristiani, situò nella nicchia di Pandora, con voluto contrasto di pietà, nella stessa base dell’idra erculea la Vergine Maria dispensatrice di grazie, assisa in trono e mostrante al Bambino la Croce, modello squisito del Tadolini. Vi sostituì più tardi l’Immacolata vincitrice del serpente, il mostro malefico del primo giardino. Dinanzi a quelle statue non mancarono i fiori; Liszt medesimo li raccolse e li porse, e compose in offerta una “Salve Regina”». (Vincenzo Pacifici, Luigi d’Este, capitolo VIII, in Atti e memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte, vol. XX-XXI (1940-1941), pag. 153. In particolare qui presentiamo questa cartolina con la Fontana di Cristoforo Colombo edita da Gaetano Ceva Bovio, cm. 9,00 x cm. 14,00, collezione Roberto Borgia, da una foto del prof. Giuseppe Radiciotti che ritrae la scultura in gesso raffigurante Cristoforo Colombo che consegna la croce del Cristianesimo all’America con un sottostante bassorilievo, e il nome di Fontana o meglio Fontanone di Cristoforo Colombo rimase fino agli anni ’60 dell’altro secolo, nonostante il gruppo poi fosse stato già eliminato durante gli interventi di restauro non appena la villa passò allo Stato Italiano, dopo la prima guerra mondiale. Diverse inquadrature di Tivoli, con Villa d’Este, le cascatelle e il Ponte Gregoriano ci sono state lasciate dalle edizioni Gaetano Ceva Bovio e questa cartolina è particolarmente interessante perché la foto risulta scattata da Giueppe Radiciotti (Jesi, 1858-Tivoli, 1931), insegnante per oltre quaranta anni nel Liceo Classico “Amedeo di Savoia” di Tivoli, membro dell’Associazione dei Musicologi Italiani sin dalla fondazione (1908), musicista appassionato, difensore, promotore e studioso del patrimonio storico e della cultura tiburtina e particolarmente della musica, senza dimenticare naturalmente la cultura musicale della sua terra. Nel 1921 Radiciotti, prossimo alla pensione, già socio della Regia Deputazione di Storia Patria per la Provincia delle Marche sin dal 1894, fu il primo presidente della nascente Società Tiburtina di Storia e d’Arte e nel 1925 il grande apprezzamento e la risonanza dei suoi studi gli procurarono queta alta onorificenza: Il prof. Giuseppe Radiciotti, apprezzatissimo cittadino, valoroso musicologo, presidente della Società Tiburtina di Storia ed Arte, insegnante nel nostro Liceo, persona fatta di bontà ed amore verso tutti, è stato nominato motu proprio del Re, commendatore della Corona d’Italia. È inutile aggiungere che l’onorificenza è ben meritata poiché il prof. Radiciotti ha tanti meriti e tante virtù note agli studiosi che fanno risplendere di reputazione già il suo riverito nome.
Il bassorilievo originale si trova nel lato sud del Monumento a Cristoforo Colombo a Piazza Acquaverde a Genova, la cui prima pietra fu posta nel 1846 ed, avendo avuto vita travagliata per il compimento, fu inaugurato solo nel 1862. Il bassorilievo, che appunto sarà fatto riprodurre in gesso dal cardinale d’H., è opera dello scultore Salvatore Revelli e rappresenta “Cristoforo Colombo che, in catene, sale sulla nave che deve ricondurlo in Europa”. Anche la statua con Cristoforo Colombo che consegna la croce all’America prostrata ai suoi piedi è opera dello stesso scultore e l’originale si trova addirittura a Lima, capitale del Perù. L’esecuzione di questo monumento fu ordinata durante il governo di Ramón Castilla, e un Decreto Supremo del 19 maggio 1859 ne ordinò la collocazione nella Oval Alameda de Acho. Inaugurato il 3 agosto 1860, il monumento si aggiunge alla lista dei monumenti di Lima che hanno cambiato la loro posizione più volte. All’inizio del XX secolo infatti fu trasferito al apertura Paseo 9 dicembre, che ha cambiò il suo nome in Paseo Colón, in onore del navigatore genovese. Occupato dapprima la posizione che corrisponde oggi al monumento in onore dell’ammiraglio Miguel Grau Seminario in Piazza Grau, poi è stato spostato più avanti nel Paseo Colón, dove ha trovato finalmente la sua collocazione definitiva. Fu inaugurato durante l’amministrazione di José Rufino Echenique. Rappresenta – come detto – Cristoforo Colombo che consegna la croce del Cristianesimo all’America, rappresentata da un’india, che appare ai suoi piedi. Quasi atteggiamento paterno di Colombo, ha portato l’indigena ad abbandonare la freccia ai suoi piedi, accettando invece la croce della religione e della civiltà. Questo monumento e la sua perfetta esecuzione mostrano un insieme di eleganza, con linee ben proporzionate, con una posa mirabilmente studiata di due soli personaggi, e con grande ricercatezza nell’abito di ammiraglio di Cristoforo Colombo. Non è così nella copia che fece eseguire il cardinale Hohenlohe, laddove si viene chiaramente l’intervento censorio con una tunica a coprire il seno stesso. (Roberto Borgia, agosto 2017)
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Retro cartolina del gruppo di Cristoforo Colombo, foto Radiciotti.
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Cartolina dei primi anni del ‘900 raffigurante il monumento a Cristoforo Colombo a Lima, capitale del Perù. Confrontarla con la cartolina del monumento di Cristoforo Colombo già a Villa d’Este, ediz. Gaetano Ceva Bovio, foto del prof. Radiciotti.
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“Tivoli-Terrazza nella Villa d’Este”. 888 – E. Richter, V. Serpenti 170-Roma. (ante 1924, courtesy Roberto Borgia, 2017)